Niente dà più dolore che il ricordare i momenti felici nell'infelicità
 

Federico Garcia Lorca

Sonetto del dolce lamento

Ho Paura di perdere lo Stupore
dei tuoi occhi di statua e il ritmo
che mi posa di notte sulla guancia
la solitaria rosa del tuo respiro.

Mi angoscia essere su questa riva
tronco senza rami; e quel che più mi spiace
è non avere fiore, polpa o argilla,
per il verme della mia sofferenza.

Sei tu il tesoro occulto mio,
se sei mia croce e mio dolore bagnato,
se sono il cane ai tuoi comandi,

non mi far perdere quel che ho ottenuto
e decora le acque del tuo fiume
con foglie del mio autunno sconvolto.

***

Ti condurrei

Ti condurrei,
negli autunni,
al bordo dei verdi
stagni infiniti,
a vedere i neonati
di giovani fate
e a guardare i placidi
alberi sfioriti.

Cos'è che risuona
così lontano?
Amore.
Il vento sui vetri,
Amore mio.

E durante le estati,
là nella campagna,
che gioia mi darebbe
vederti nel mio grano,
coperta di papaveri
e con la fronte di bimba
fra il refrigerio
di quel paesaggio amico.

Cos'è che risuona
Così lontano?
Amore.
Il vento sui vetri,
Amore mio.

Ma già le foglie
coprono il sentiero
e freddo è ormai
il cuore tuo.
So che ben conosci
l'intensità del mio amore
e le acque di sangue
che il mio fiume trascina.

E malgrado tutto
sento gli echi
della tua voce impaurita
che teme i rumori.
E io ti rispondo
con gli occhi inariditi,
liberando i miei neri
passeri senza nido!

Cos'è che risuona
così lontano?
Amore.
Il vento sui vetri,
Amore mio.

***

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